Lotte contro i CIE, benefit night

Domenica 19 Dicembre 2010

SERATA BENEFIT PER LE LOTTE CONTRO I C.I.E.
Il ricavato della serata andrà benefit per il materiale (flyers, ecc) della lotta antirazzista contro i C.I.E., carceri-lager per chi è senza permesso di soggiorno

dalle 19.00

Aperitivo benefit
Aggiornamenti sulla lotta contro il CIE di Milano
Proiezione del video sulla storia del CIE di Lampedusa

Dalle 21.00 in concerto:

B.O.B.– France drum’n’bass
MONSIEUR BRENSON – France rock sperimentale
MENROVESCIO – Veneto post rock
E.T.B. – Vercelli post-core


GIOCHI DI PAROLE

La storia della civiltà ripete sempre se stessa, adattando il proprio agire al variare della concezione „morale“ che essa stessa crea progressivamente, al fine di giustificare la propria esistenza e la propria legittimità. Un esempio attuale sono i CIE (centri di identificazione e di espulsione) che, se per la maggior parte delle persone appaiono come una risposta dello stato alla soluzione del problema dell’immigrazione, rispecchiano in realtà un disegno ormai noto, utile ad uno scopo ben preciso. Per accorgersi di questi „trucchi“, che il potere utilizza per continuare il suo controllo sulle persone, è utile a volte rileggersi qualche testo del passato che cercava di riflettere e analizzare situazioni terrificanti che ormai quasi la maggioranza della gente condanna come orrori immaginabili ormai nella nostra società moderna.
Rileggiamo quindi questo riassunto trovato in rete dell’analisi fatta da Hannah Arendt, filosofa e storica tedesca emigrata poi negli Stati Uniti per fuggire ai nazisti.
Provate a sostituire la parola lager con la parola CIE e scoprirete delle verità altrettanto terrificanti.

Nella sua opera “Le origini del totalitarismo”  la Arendt spiega che i lager servono al regime totalitario come laboratori per la verifica della sua pretesa di dominio assoluto sull’uomo. Il dominio totale, che mira a cancellare l’individualità del singolo per andare a costituire un individuo unico costituito dalle infinite pluralità e diversità dei singoli, è possibile solo se ogni persona è ridotta ad un’immutabile identità di reazioni, in modo che ciascuno di questi fasci di reazioni possa essere scambiato con qualsiasi altro.
I lager servono, oltre che a sterminare ed a degradare gli individui, a compiere l’orrendo esperimento di eliminare, in condizioni scientificamente controllate e controllabili, la spontaneità stessa come espressione del comportamento umano e di trasformare l’uomo in oggetto.
I lager sono, oltre che “la société la plus totalitaire encore réalisé” , l’ideale sociale che guida il potere totalitario. Come la stabilità del regime dipende dall’isolamento del suo mondo fittizio dall’esterno, così l’esperimento di dominio totale nei lager richiede che questi siano ermeticamente chiusi agli sguardi del mondo di tutti gli altri, del mondo dei vivi in genere. Quindi, le sorti del dominio totalitario sono legate all’esistenza dei lager, perché questi sono la vera istituzione centrale del potere totalitario. Eppure, nella storia ci sono state quasi sempre guerre di aggressione; il massacro delle popolazioni nemiche dopo la vittoria continuò inesorabile finché venne un po’ frenato dal romano “parcere subiectis”; per secoli lo sterminio dei popoli indigeni andò di pari passo con la colonizzazione delle Americhe, dell’Australia e dell’Africa; la schiavitù è una delle più antiche istituzioni dell’umanità e tutti gli imperi antichi erano basati sul lavoro degli schiavi statali che erigevano i loro edifici pubblici. Neppure i lager sono un’invenzione originale, poiché essi apparvero per la prima volta durante la Guerra boera, all’inizio del secolo, e continuarono ad essere usati in Sudafrica come in India per gli “elementi indesiderabili”.
Questi campi corrispondevano per molti aspetti a quelli del regime totalitario; essi accoglievano i “sospetti” che non si potevano condannare con un processo normale mancando il reato.

Volendo possiamo sostituire anche la parola regime totalitario, se qualcuno ancora non crede che la nostra società „moderna“ lo sia, con stato o civiltà o società capitalista secondo le riflessioni individuali differenti di persone con un po’ di spirito e approccio critico dell’esistente.
Notiamo da questo testo le profonde analogie tra i lager nazisti e sovietici che la Arendt analizza con i moderni centri di detenzione per immigrati. Oggi non „sterminano“ più le persone, o quantomeno non lo fanno di statuto, le morti, ora, sono semplicemente „incidentali“ sono cioè „cose che succedono“, come se tutte le persone che si sono suicidate o sono morte per i pestaggi delle guardie all’interno dei CIE (o all’interno di carceri „tradizionali“) siano normali incidenti, come se il ruolo del luogo nel quale queste persone si trovano non conti nulla, come se fosse neutrale. Ma aimè, siamo nella società della statistica, e abbiamo a che fare ormai con dei numeri e non più con persone in carne ed ossa.

Un altra analogia interessante la si legge nella frase:  “la schiavitù è una delle più antiche istituzioni dell’umanità e tutti gli imperi antichi erano basati sul lavoro degli schiavi statali che erigevano i loro edifici pubblici.” Anche qui troviamo un altro termine ormai bandito dalla nostra „società delle belle parole“, la schiavitù, riadattato agli usi e costumi attuali e ai bisogni moderni di crescita e sviluppo. Provate a fare un giro nei vari cantieri edili che ormai popolano qualsiasi città, chi sono le persone che maggiormente lavorano spesso sfruttate e con paghe indegne? Ovviamente gli immigrati.

Si potrebbero trovare nel dettaglio tante altre analogie ma per concludere guardiamo da vicino quest’ultima che è molto significativa per quel che riguarda i CIE soprattutto dal punto di vista tecnico. Riguarda l’analisi dei lager boeri e quelli sudafricani e indiani che: “accoglievano i -sospetti- che non si potevano condannare con un processo normale mancando il reato.” Questo è uno dei motivi che giustificano i CIE. Siccome, in teoria, nel nostro stato di diritto attuale, per finire in detenzione devi aver commesso qualche reato punibile dalla legge, e per esempio, in Italia, non è prevista la detenzione in carcere per il mancato possesso di un documento, ecco che si creano delle strutture apposite per mascherare un “centro di detenzione” in “centro di identificazione” o come i vecchi CPT in “centro di permanenza temporanea”.

Insomma cambia la forma ma non la sostanza, come sempre, e i trucchi del potere rimangono sempre gli stessi, si adattano le parole utilizzate a secondo del significato storico delle parole stesse. Quando una parola non è più “socialmente accettata” la si cambia per mantenere gli stessi scopi. Voilà, è il gioco è fatto. Ma noi abbiamo altri giochetti per smascherare queste menzogne, basta essere attenti e svegli di fronte all’evoluzione storica degli eventi.
Se cancelli la cultura della parole, puoi vedere oltre il filo spinato.