Giovedì 23 settembre
h-18:00 aperitivo
h-19:00 incontro
“I signori del potere sono seduti a parlare per decidere il futuro che ci devono dare”. Milano 2021, nel primo week-end di ottobre ospiterà la pre-cop 26, un incontro preliminare al summit internazionale sul riscaldamento globale. La prima COP si svolse a Berlino nel 1995, da allora la crisi climatica è solo peggiorata di anno in anno e le sue tragiche conseguenze iniziano ad essere evidenti e non riguardare soltanto le aree più calde del mondo. Questa estate gli incendi dovuti alla siccità hanno raggiunto il mediterraneo, mentre moltissime sono state le alluvioni con conseguenze letali.
Punti focali del summit saranno la decarbonizzazione mediante un sempre più massiccio utilizzo dell’idrogeno e del nucleare e l’elettrificazione dei veicoli da sostenere attraverso la realizzazione di “GigaFactories” in grado di produrre batterie con tecnologia avanzata. Non bisogna essere ingegneri per capire che queste non sono soluzioni, è evidente come l’obbiettivo di questi summit è difendere la produzione, cercare nuovi mercati e spartirsi ciò che ancora c’è da sfruttare. Inizia ad essere chiaro anche che la società industriale non ha gli strumenti per fare fronte alla catastrofe, non si può risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che lo ha creato.
A fronte della fame di energia elettrica vengono ignorati i bisogni essenziali. Cosa mangiamo, dove viviamo e su quali basi sono costruite le nostre collettività. Per ogni bisogno semplice ed essenziale vengono proposte miriadi di servizi e prodotti che nascondono la miseria della quotidianità nella società industriale. Dal bisogno di ripartire da ciò che è essenziale nasce l’incontro “monocolture della mente”. Agroindustria, monocolture, allevamenti intensivi, grande distribuzione e fast food. Come la società industriale risolve il bisogno essenziale di cibo? In che modo la produzione tecnologica di cibo modifica i luoghi? La storia, relativamente breve, della colonizzazione dell’Amazzonia e del Cerrado da parte dell’agroindustria, mostra tutte le contraddizioni di queste pratiche.
L’Amazzonia è a un punto critico, in soli trent’anni, la deforestazione è avanzata fino a mettere in crisi l’equilibrio biologico millenario che sostiene il suo ecosistema. In Brasile, la foresta pluviale e la meno celebre savana del Cerrado stanno scomparendo, sostituite da enormi monocolture. Dove un tempo c’era una biodiversità selvaggia e incontaminata, oggi vi sono sconfinati campi, in cui un’unica pianta sterile si ripete serialmente fino dove lo sguardo può arrivare. L’invasione dei territori delle comunità indigene che da millenni abitano la foresta è l’esempio eclatante di come il capitalismo non permette alternative alla sua monocultura, o ci sei dentro o sei destinato a scomparire. La rapidità con cui questo sta avvenendo ci mostra la voracità, l’arroganza e l’impossibilità di convivere con questo sistema.
Le istituzioni affrontano i temi ambientali battendo sulla responsabilità civile dell’individuo, “chiudete l’acqua mentre vi lavate i denti, spegnete sempre tutte le luci, cercate di consumare meno carne e meno plastica, utilizzate i mezzi pubblici”; Questo approccio stride con la realtà di un mondo globalizzato in cui un numero relativamente ristretto di grandi multinazionali domina il mercato ed è responsabile della maggior parte dell’inquinamento e dei disastri ambientali che si celano dietro l’abbondanza della società capitalista.
Ci incontriamo per conoscere meglio la società in cui viviamo, i nomi dei grandi marchi che sfamano e affamano il mondo e il loro modus operandi. Ci incontriamo anche per condividere le forme di resistenza che le popolazioni espropriate dai loro terreni stanno mettendo in pratica e per capire in che modo contribuire alla resistenza contro la monocoltura dei campi e della mente.